Difficoltà: escursionistico

Le fortificazioni del Col San Carlo

La fortezza sotto la strada per il Lago d'Arpy 1970 m

Dal Col San Carlo (piazzale del bar La Genzianella) 1940 m

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partenza: 1940 m
arrivo: 1970 m
dislivello in salita: 30 m circa

andata: 0h05
ritorno: 0h05
totale: 0h10

Segnavia: 15

Tratti difficili: no
Tratti esposti: no

Ombra: sì

pericolo caduta massi: no
pericolo crolli in galleria: modesto

Periodo consigliato:
da giugno alle prime nevi

Da vedere:
i resti delle fortificazioni

Itinerari collegati:
lago d'Arpy,
fortezza sotto il belvedere d'Arpy

Accesso al punto di partenza:

Uscita autostradale: Morgex
Distanza dal casello autostradale: 11.9 km
Avvicinamento in auto dal casello autostradale: 20 minuti

Distanza progressiva

Tempo

Indicazioni

Lunghezza tratto

0 km 0h00 Dall'uscita autostradale di Morgex si gira a sinistra sulla statale 26 in direzione del tunnel del Monte Bianco 0.600 km
0.600 km - A sinistra seguendo le indicazioni per Arpy e Col San Carlo 0.900 km
1.500 km - A sinistra sulla strada regionale del Col San Carlo 10.400 km
11.900 km 0h20 Arrivo al parcheggio del bar La Genzianella -

Pianta della fortezza
Pianta della fortezza

Introduzione

Nessuno immagina vedendo l'ingresso malconcio di questo bunker l'ampiezza della struttura che si cela all'interno della collinetta che separa il vallone d'Arpy dalla valle che porta al Piccolo San Bernardo. All'interno della montagna una grande galleria a “L” serviva le batteria che dovevano impedire al nemico l'accesso a Morgex e alla bassa Valle d'Aosta.

L'opera a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale non venne terminata e al termine del conflitto, come previsto dalle condizioni di pace, alcune parti vennero minate e fatte saltare. Quello che ne rimane è di facile accesso, la visita è interessante e se condotta con prudenza e senza inoltrarsi nelle parti danneggiate presenta rischi moderati. Le strutture in cemento armato e i pavimenti sono ancora in buono stato, attenzione al fosso pieno d'acqua che si trova davanti alla seconda entrata.

Avvicinamento

Dopo aver lasciato la macchina nel parcheggio vicino al bar La Genzianella ci si avvia seguendo il segnavia numero 15 per il lago d'Arpy lungo la pista forestale che si dirige verso sud-ovest pressoché in piano.

Bar La Genzianella
Bar La Genzianella

Dopo pochi minuti di cammino si arriva ad un rettilineo a metà del quale sulla sinistra si osserva un breve steccato di legno che separa la strada dall'ingresso della fortezza. Si scendono alcuni metri di scarpata ingombri di macerie e ci si trova davanti all'entrata al bunker.

Descrizione

A cinque metri dall'entrata si trova a desta un corridoio che da accesso ad una stanza di circa cinque metri per quattro. Il corridoio le gira intorno su tre lati dopo essere sceso di tra gradini si interrompe. Nel muro vi sono due feritoie dalle quali si vigilava sull'entrata del fortilizio.

Tornando indietro verso l'ingresso si accede al grande camerone a volta largo circa quattro metri che penetra in profondità nella collina. Alla fine dello stanzone si trova il corridoio lungo una trentina di metri che porta alla parte centrale del bunker: uno stanzone a “L” dal quale partono i corridoi d'accesso alle postazioni di fuoco che sono state minate in conseguenza del trattato di pace con la Francia.

Strada verso il lago d'Arpy
Strada verso il lago d'Arpy

Dall'altro braccio della “L” inizia il corridoio lungo una decina di metri che porta alla seconda entrata della fortezza. Si percorre un camerone gemello a quello d'ingresso dal quale di accede alla postazione di difesa dell'entrata, alla cameretta e al corridoio d'entrata che è stato murato e si è mantenuto in ottime condizioni. Vi si trova ancora il fosso, ora colmo d'acqua, che doveva proteggere la porta d'accesso.

Terminata la visita del fortilizio si possono salire le poche decine di metri che separano la strada dalla cima della collinetta dove si trovano i due crateri un tempo collegati al sotterraneo e i resti dei muri a secco della fortificazioni. Seguendo il crinale verso sud-ovest si arriva alla casamatta parzialmente demolita collegata da un corridoio ai sotterranei.

Qualche appunto di storia delle fortificazioni

Fino alla metà del 1800 le artiglierie erano ancora a canna liscia e ad avancarica, i cannoni più potenti riuscivano a sparare le palle a una distanza massima di quattro chilometri e la loro forza di penetrazione era di circa 3.60 metri nella terra.

Ingresso
Ingresso

Con la comparsa dei cannoni a canna rigata nel 1859, si modificò la forma dei proiettili che diventarono ogivali, raddoppiò la gittata e si introdusse il sistema a retrocarica che rendeva più veloce il tiro rendendo di colpo obsolete le vecchie fortezze.

Dopo la breccia di Porta Pia (20 settembre 1870) i rapporti diplomatici con la Francia si raffreddarono alquanto e divenne urgente il rafforzamento delle difese della frontiera occidentale. La stipula della triplice alleanza tra Italia Germania e Austria nel 1882 accelerò ancor di più l'attività fortificatoria lungo la frontiera con la Francia. Quello stesso anno entrò in servizio il cannone 149 G che raggiungeva una gittata di otto chilometri con proiettili da 40 kg di peso.

Le fortificazioni si trasformarono; abbandonate le murature di pietre e mattoni, l'artiglieria si schierò all'aperto nelle batterie di protezione che erano caratterizzate da un terrapieno spesso dagli 8 ai 12 metri e nelle batterie semipermanenti, più piccole, che ospitavano non più di quattro pezzi. Le truppe alloggiavano nelle caserme difensive dotate di feritoie per i fucilieri, da utilizzarsi come punti di prima difesa.

Nel 1885 con l'invenzione delle granate torpedini, dei proiettili caricati con esplosivi ad alto potenziale, e del tiro a shrapnel, proiettili caricati a mitraglia che esplodevano a mezza'aria colpendo i serventi , le vecchie protezioni furono sostituite da batterie corazzate infossate nel terreno per ridurne la vulnerabilità.

Durante la prima guerra mondiale l'impiego dei mortai da 280 e da 420 mm mise in luce i limiti delle batterie corazzate che vennero sostituite dopo il 1931 dalle nuove fortificazioni ispirate a quelle della Linea Maginot: la fortezze erano scavate nella roccia da cui emergevano solo le postazioni di combattimento, i malloppi, che erano completamente rivestite di cemento armato e spesso blindate all'interno. Erano armate di mitragliatrici, cannoni anticarro o cannoni che raggiungevano i 10 km di gittata.

Entrata

L'utilizzo della carica cava, usata dai tedeschi nella conquista della fortezza belga di Eben Emael, ebbe ragione anche di questo tipo di fortificazione. La carica cava è costruita in modo da dirigere tutta la potenza dell'esplosione in un unico punto e riesce così a forare anche la corazza più resistente. Nel 1940 con un peso di 12.5 o 50 kg tali ordigni riuscivano a perforare corazze di 12 o 25 centimetri di spessore. Nel 1942 venne messo a punto un particolare proiettile che riusciva a bucare quattro metri di cemento armato prima di esplodere.

All'avvicinarsi della seconda guerra mondiale la linea fortificata italiana, il vallo alpino, era ancora lungi dall'essere terminata. Nel 1938 si misero in cantiere le opere tipo 7000, che presero il nome dal numero della circolare che ne illustrava le caratteristiche. Erano piccole casematte che ospitavano un paio di mitragliatrici o raramente un cannone anticarro, le loro feritoie erano protette da una piastra metallica annegata nel calcestruzzo che a volte superava i due metri si spessore.

A queste si aggiunsero nel 1940 le opere tipo 15.000 che avrebbero dovuto essere ben più estese ed in grado di sostenere attacchi prolungati. All'entrata in guerra dell'Italia, nel giugno 1940, nessuna era ancora completata, i lavori proseguirono fino al 1942 quando vennero definitivamente abbandonati.

Difesa porta

Con il trattato di pace del 1947 numerose opere vennero annesse alla Francia grazie alle rettifiche del confine, delle altre era prevista “La distruzione ... nel limite di 20 chilometri da qualsiasi punto della frontiera, quale è determinata dal presente Trattato” che doveva essere “completata entro un anno dall'entrata in vigore del Trattato”.

Bibliografia:

Massimo Ascoli, Marco Boglione, Gianfranco Ialongo, Simone Perron, Alessandro Celi, Tra baita e bunker, Fondation Émile Chanoux, Aosta, 2009, pag. 42 e seguenti.
Luca Zavatta, Le valli del Monte Bianco, L’Escursionista Editore, Rimini 2004
Dario Gariglio e Mauro Minola, Le fortezze delle Alpi occidentali, ed. l'Arciere, 1994

Cartografia:

L’Escursionista Editore – Carta dei sentieri 2 – scala 1:25.000
Istituto Geografico Centrale – Foglio 4 – scala 1:50000
Comunità Montana Valdigne Mont Blanc – I sentieri – scala 1:50.000

ULTIMO AGGIORNAMENTO 30.05.2006

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