Difficoltà: escursionistico

Le fortezze delle Pyramides Calcaires 2565 m circa

Dalla sbarra di La Visaille 1723 m

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partenza: 1723 m
arrivo: 2565 m circa
dislivello in salita: 850 m circa

andata: 3h00
ritorno: 2h30
totale: 5h30

Segnavia: assente

Tratti difficili: no
Tratti esposti: si

Ombra: no

pericolo caduta massi: si

Periodo consigliato:
da giugno a settembre

Da vedere:
la morena del ghiacciaio del Miage,
i colori della Dora di Veny,
il lago Combal,
il rifugio Elisabetta,
le Pyramides Calcaires,

Itinerari collegati:
lago del Miage,

Accesso al punto di partenza:

Uscita autostradale Courmayeur
Distanza dal casello autostradale: 10.500
Avvicinamento in auto dal casello autostradale: 0h15'

Distanza progressiva

Tempo

Indicazioni

Lunghezza tratto

0.000 km 0h00 Dall'uscita autostradale di Courmayeur ci si immette sulla statale 26 in direzione del tunnel del Monte Bianco, si prosegue oltre la rotonda di Courmayeur 2.100 km
2.100 km 0h03 A sinistra seguendo le indicazioni per Val Veny 0.100 km
2.200 km - A destra per Val Veny e Val Ferret 0.100 km
2.300 km - A sinistra seguendo le indicazioni per Val Veny, proseguire oltre il santuario di Notre Dame de la Guérison 3.000 km
5.300 km - Si prosegue dritti seguendo le indicazioni per Val Veny, risalire tutta la valle, oltrepassare il ponte dopo la frazione La Visaille 5.200 km
10.500 km 0h15 Arrivo alla sbarra, si parcheggia sul bordo della strada -

Sbarra alla partenza
Sbarra alla partenza

Introduzione

Bellissima gita ai piedi del Monte Bianco.

Gli appassionati di architettura militare apprezzeranno dall'interno le fortificazioni che si susseguono dal Colle delle Pyramides Calcaires fin nei pressi del rifugio Elisabetta.

Chi è salito al rifugio per la polenta potrà nel pomeriggio, con questa comoda passeggiata ad anello che dura poco più di un'oretta, vedere le da vicino la curiosità geologica rappresentata dalle Pyramides Calcaires, le grandi morene lasciate dai ghiacciai in ritirata e le tracce che la storia militare ha lasciato in questi luoghi.

Descrizione

Dopo aver oltrepassato la sbarra si può scegliere tra il proseguire lungo la strada asfaltata che porta fino ai bordi del lago Combal o percorrere la scorciatoia che parte dal bordo esterno del primo tornante.

Strada sterrata per il lago Combal
Strada sterrata

Se si sceglie la scorciatoia si risparmiano alcuni minuti di cammino e si inizia la passeggiata nell'ombra di un bel bosco di conifere. Dopo un breve tratto dove i sentieri si intersecano lasciando il gusto di scegliere il più gradevole visto che tutti poi confluiscono nella vecchia strada militare si arriva sul vecchio tracciato.

Il selciato irregolare è tappezzato dagli aghi delle conifere che lo circondano e lo coprono con un fitto tetto. Purtroppo questo piacevole camminare nel bosco dura solo pochi minuti poi si esce da questo luogo suggestivo e si riprende la strada asfalta bordata anch'essa dai numerosi larici e dalle poche latifoglie che vegetano a questa quota.

I colori della Dora di Veny
I colori della Dora di Veny

Sulla destra si alza ripida la parte esterna della morena del Miage, oltre questa parete alta un centinaio metri formata da enormi massi e sabbie sottilissime scende il fiume di ghiaccio che parte dai più di 4800 metri del Monte Bianco e arriva fino ai 1800 m di quota dove poco piu in su delle case di La Visaille si scioglie alimentando il torrente del Miage.

A circa metà dell'itinerario la strada è stata interrotta da una frana cosicchè per poche centinaia di metri l'asfalto scompare sotto la pista in terra battuta che sale parallela al torrente. Dall'altra parte della Dora di Veny si alza una impressionante parete di roccia sedimentaria bianca che erosa al piede dalle acque sembra reggersi per miracolo.

Ponte sul lago Combal
Ponte sul lago Combal

Dopo alcuni minuti si ritrova il tracciato originario della strada e lentamente spuntano in fondo alla valle le Pyramides Calcaires. Come dice il nome sono delle formazioni calcaree, che viste dal lago Combal appaiono piramidali, dentro le quali sono stati scavate delle fortificazioni nella prima metà del 1900. Ai loro piedi si vede il rifugio dedicato a Elisabetta Soldini, e sotto di esso i fabbricati che ospitavano la guarnigione.

Sulla sinistra il torrente si allarga in una pozza nella quale l'acqua ha dei riflessi turchese. Tale colore è dovuto alla particolare mescolanza tra le acque di fusione dei ghiacciai che sono lattiginose a causa del limo in sospensione e quelle purissime e trasparenti che escono dalle sorgenti che alimentano il lago. Questo colore, unico in valle, varia durante il giorno e le stagioni. Il momento migliore per apprezzare le sue sfumature e a metà mattina, con il sole alle spalle.

Lago Combal e morena del Miage
Lago Combal

Alla fine della leggera salita si raggiunge il ponte sulla Dora di Veny, il torrente emissario del Lago Combal. In fondo alla vallata si vede il colle della Seigne, sulla destra le Pyramides Calcaires e i ghiacciai des Échelettes e della Lex Blanche che scintillano sotto il sole. Ancora sulla destra la grande morena del Miage dietro alla quale si nasconde il lago omonimo, una vera rarità geologica stretto com'è tra il bordo della morena e il fiume di ghiaccio che scende dal Monte Bianco.

Si attraversa il ponte e si prosegue sulla strada militare che porta fino alla caserma della Seigne. Il primo tratto è stretto tra le acque del lago e il pendio che sale verso lo spartiacque tra la Val Veny e la valle del Piccolo San Bernardo poi un'ampia curva porta il tracciato verso il centro del pianoro dove si cammina circondati dalle acque trasparenti che scendono dolcemente verso valle.

Lago Combal e strada militare
Strada militare

All'inizio del rettilineo che porta ai piedi delle Pyramides Calcaires il rifugio Elisabetta sembra a portata di mano ma i minuti passano e lui è sempre lì, in fondo alla strada sterrata che sembra non finire mai. Al termine del lungo rettifilo la strada principale gira sulla sinistra per evitare quanto resta di un cordone morenico, è consigliabile abbandonarla al bivio e seguire il vecchio tracciato che si stacca sulla destra: è più breve, il selciato non è percorso dalla auto e rientra sulla strada principale poco prima del ponte sul torrente che scende dal Colle della Seigne.

Dopo aver oltrepassato le acque che scendono a cascata si inizia la salita. È possibile affrontarla velocemente utilizzando le numerose scorciatoie che tagliano i tornanti e finiscono sotto i fabbricati militari oppure seguire con più calma la strada che con pendenza regolare arranca sui ripidi pascoli ai piedi del rifugio.

Strada per il rifugio Elisabetta e ghiacciaio della Lex Blanche
Ghiacciaio della Lex Blanche

Il ghiacciaio della Lex Blanche si fa sempre più vicino, i riflessi azzurrini del ghiaccio riempiono gli occhi e intanto passando davanti alla vecchia caserma e alla stalla dei muli il pensiero va ai tristi giorni in cui i soldati italiani presidiavano queste montagne. Si combatteva allora una guerra che vista ora, con i nostri occhi di cittadini europei, appare ancora più insensata di quanto non apparisse a metà del 1900. Poi, fatti pochi passi, si raggiunge il rifugio e il grandioso spettacolo delle cime del Monte Bianco spazza i brutti ricordi che la storia ha lasciato in questi luoghi.

Dalla terrazza si domina tutto il pianoro del Combal chiuso in fondo dalla morena del Miage. Sulla sinistra fanno capolino in lontananza le Grandes Jorasses strette tra l'inconfondibile punta aguzza dell'Aguille Noire du Peuterey e quella ben più tozza del Mont Rouge de Peuterey. Sulla verticale della strozzatura che nasconde la Dora di Veny, il torrente emissario del Lago Combal, si vede in lontananza il Mont Chétif, proseguendo lungo lo spartiacque, sopra il lago Combal il Mont Fortin e all'altezza del rifugio il Mont Percé separato dal Mont Léchaud dal colle des Chavannes, dove passa l'altavia n° 2.

Stalle della caserma della Seigne
Stalle della caserma
della Seigne

Per raggiungere le fortezze occorre dirigersi alle spalle del rifugio dove si trova la piazzola per l’atterraggio degli elicotteri. Proseguendo verso le Pyramides si trova l’ampio sentiero tracciato dai militari che risale il vallone in direzione del colle. La pendenza è modesta, si sale con le rocce calcaree sulla sinistra e la parte esterna della morena del ghiacciaio delle Échelettes sulla destra. La segnaletica non è molto curata ma non vi sono problemi di orientamento: è sufficiente seguire il tracciato principale trascurando una deviazione sulla sinistra che porta verso le rocce e il bivio, segnalato, per il rifugio Hess.

Proseguendo lungo il sentiero ci si lascia alle spalle il terreno morenico ricco di sabbie e limi per entrare nella fascia pietrosa sottostante il colle. In estate il sole scalda questa conca riparata e il paesaggio appare tremolante dietro le colonne d’aria calda che si alzano dal pietrame. Dopo una curva e un modesto nevaio che resiste fino luglio inoltrato si giunge al colle delle Pyramides Calcaires dal quale si vede all’orizzonte il più famoso colle della Seigne che separa l’Italia dalla Francia e che per secoli è stato attraversato da genti in armi. Oggi su questi sentieri si incontrano solo escursionisti impegnati nel Tour du Mont Blanc, il tragitto che attraverso tre stati chiude in un anello il massiccio omonimo.

Rifugio Elisabetta Soldini

Sulla destra si trovano i resti di un malloppo fatto saltare dopo la fine della seconda guerra mondiale, come previsto dal trattato di pace italo-francese che imponeva la distruzione di ogni fortificazione esistente entro la fascia di 20 Km dai nuovi confini. Dando le spalle alle rovine e volgendosi verso le guglie calcaree delle Pyramides si nota in alto, sopra un conoide di detriti, un buco scavato nella parete. Se le condizioni lo consentono, facendo estrema attenzione per evitare le scariche di pietre che possono essere mortali, si sale tra i massi caduti e si raggiunge in pochi minuti l’entrata della fortezza dalla quale di domina il colle.

Dall’ingresso un corridoio porta al locale principale nel quale si trovano ancora delle reti metalliche su cui dormivano i soldati, degli armadi in ferro e i resti del sistema di aerazione. Le porte blindate sono state tutte deformate dall'esplosione che ha fatto saltare la postazione. Dalla camerata parte un corridoio che si biforca: il ramo di destra è totalmente ostruito, quello di sinistra è percorribile strisciando e porta a una torretta demolita dallo scoppio.

Brande

Terminata la visita si ritorna al colle e si scende sull'altro versante attraversando tratti di pietraia cosparsi di filo spinato. Il sentiero diventa presto una traccia poi quando anch'essa scompare si seguono gli ometti tenendosi sulla sinistra, sotto la cima. Ben presto si ritrova la traccia, si attraversa una distesa di sassi e quando questa ridiventa un sentiero si fa un largo semicerchio scendendo lungo il pendio. Arrivati al bivio dove si ritrovano tracce di reticolati si prende il sentiero che sale e porta in pochi minuti ad un'altra postazione.

Entrando nella torretta minata si trova un corridoio, poi una scalinata che sale per circa 20 metri e porta all'altra torretta, splendido balcone sulla vallata. Uscendo sulla destra, si vedono i ganci enormi che reggevano la teleferica di collegamento alla fortezza principale. Scendendo per pochi metri la scaletta arriva ad una porta che si apre su di un locale abbastanza ampio.

Porta

Terminata la breve visita si rientra sul sentiero e si scende verso il cordone calcareo e si affaccia sul fondovalle. Anche se nulla lo lascerebbe intuire al suo interno si sviluppa il bunker più esteso. A poche decine di metri da un scudo di blindatura quadrato con lato di circa un metro e venti e spesso quattro dita che l'esplosione ha scagliato lontano dalla sua sede si apre nella roccia calcarea una cavità slabbrata.

È l'entrata principale dalla quale si accede, sulla destra, a un locale modesto dal quale una scaletta verticale di pochi gradini saliva alla torretta. A sinistra, scendendo tra i grandi blocchi di calcestruzzo che l'esplosione ha staccato dal soffitto si raggiunge una comoda scala lunga 70 gradini che si insinua all'interno della roccia. Raggiunta una biforcazione prendendo a destra si salgono 45 gradini e si accede ad un piccolo locale parzialmente demolito che si affaccia verso ovest. Proseguendo a sinistra si percorre un corridoio con tre dita d'acqua sul fondo poi si attraversa un locale non troppo ampio e attraverso una porta blindata si raggiunge un'altra torretta salendo una trentina di gradini. Sepolte nella profondità della terra vi sono anche un piccolo locale diviso in due da una esile tramezza ed una ampia stanza a volta. Ritornando sui propri passi si guadagna l'uscita.

Biforcazione del corridoio interno alla fortificazione

Raggiunta l'aria aperta si scende la piccola valle che ospita la fortezza e poi ci si avvia pressoché in piano su di un sentiero esile che a metà strada tra le rocce calcaree e il fondo del vallone si dirige verso il rifugio Elisabetta. Verso monte si vedono ancora modeste fortificazioni, alcune minate altre rimaste a livello di scavi. Sul fondo della valle si scorgono sovente gruppi di escursionisti che percorrono il tragitto tra il lago Combal e il colle della Seigne. Dopo essere passati a valle della palestra di roccia si raggiunge una sorgente che solo pochi minuti di salita separano dalla terrazza del Rifugio Elisabetta.

Qualche appunto di storia delle fortificazioni

Fino alla metà del 1800 le artiglierie erano ancora a canna liscia e ad avancarica, i cannoni più potenti riuscivano a sparare le palle a una distanza massima di quattro chilometri e la loro forza di penetrazione era di circa 3.60 metri nella terra.

Reticolati

Con la comparsa dei cannoni a canna rigata nel 1859, si modificò la forma dei proiettili che diventarono ogivali, raddoppiò la gittata e si introdusse il sistema a retrocarica che rendeva più veloce il tiro rendendo di colpo obsolete le vecchie fortezze.

Dopo la breccia di Porta Pia (20 settembre 1870) i rapporti diplomatici con la Francia si raffreddarono alquanto e divenne urgente il rafforzamento delle difese della frontiera occidentale. La stipula della triplice alleanza tra Italia Germania e Austria nel 1882 accelerò ancor di più l'attività fortificatoria lungo la frontiera con la Francia. Quello stesso anno entrò in servizio il cannone 149 G che raggiungeva una gittata di otto chilometri con proiettili da 40 kg di peso.

Le fortificazioni si trasformarono; abbandonate le murature di pietre e mattoni, l'artiglieria si schierò all'aperto nelle batterie di protezione che erano caratterizzate da un terrapieno spesso dagli 8 ai 12 metri e nelle batterie semipermanenti, più piccole, che ospitavano non più di quattro pezzi. Le truppe alloggiavano nelle caserme difensive dotate di feritoie per i fucilieri, da utilizzarsi come punti di prima difesa.

Blindatura

Nel 1885 con l'invenzione delle granate torpedini, dei proiettili caricati con esplosivi ad alto potenziale, e del tiro a shrapnel, proiettili caricati a mitraglia che esplodevano a mezza'aria colpendo i serventi , le vecchie protezioni furono sostituite da batterie corazzate infossate nel terreno per ridurne la vulnerabilità.

Durante la prima guerra mondiale l'impiego dei mortai da 280 e da 420 mm mise in luce i limiti delle batterie corazzate che vennero sostituite dopo il 1931 dalle nuove fortificazioni ispirate a quelle della Linea Maginot: la fortezze erano scavate nella roccia da cui emergevano solo le postazioni di combattimento, i malloppi, che erano completamente rivestite di cemento armato e spesso blindate all'interno. Erano armate di mitragliatrici, cannoni anticarro o cannoni che raggiungevano i 10 km di gittata.

Entrata fortezza principale

L'utilizzo della carica cava, usata dai tedeschi nella conquista della fortezza belga di Eben Emael, ebbe ragione anche di questo tipo di fortificazione. La carica cava è costruita in modo da dirigere tutta la potenza dell'esplosione in un unico punto e riesce così a forare anche la corazza più resistente. Nel 1940 con un peso di 12.5 o 50 kg tali ordigni riuscivano a perforare corazze di 12 o 25 centimetri di spessore. Nel 1942 venne messo a punto un particolare proiettile che riusciva a bucare quattro metri di cemento armato prima di esplodere.

All'avvicinarsi della seconda guerra mondiale la linea fortificata italiana, il vallo alpino, era ancora lungi dall'essere terminata. Nel 1938 si misero in cantiere le opere tipo 7000, che presero il nome dal numero della circolare che ne illustrava le caratteristiche. Erano piccole casematte che ospitavano un paio di mitragliatrici o raramente un cannone anticarro, le loro feritoie erano protette da una piastra metallica annegata nel calcestruzzo che a volte superava i due metri si spessore.

A queste si aggiunsero nel 1940 le opere tipo 15.000 che avrebbero dovuto essere ben più estese ed in grado di sostenere attacchi prolungati. All'entrata in guerra dell'Italia, nel giugno 1940, nessuna era ancora completata, i lavori proseguirono fino al 1942 quando vennero definitivamente abbandonati.

Interno fortezza principale

Con il trattato di pace del 1947 numerose opere vennero annesse alla Francia grazie alle rettifiche del confine, delle altre era prevista “La distruzione ... nel limite di 20 chilometri da qualsiasi punto della frontiera, quale è determinata dal presente Trattato” che doveva essere “completata entro un anno dall'entrata in vigore del Trattato”.

Bibliografia:

Massimo Ascoli, Marco Boglione, Gianfranco Ialongo, Simone Perron, Alessandro Celi, Tra baita e bunker, Fondation Émile Chanoux, Aosta, 2009, pag. 42 e seguenti.
Luca Zavatta, Le valli del Monte Bianco, L’Escursionista Editore, Rimini 2004
Dario Gariglio e Mauro Minola, Le fortezze delle Alpi occidentali, ed. l'Arciere, 1994

Cartografia:

L’Escursionista Editore – Carta dei sentieri 2 – scala 1:25.000
Istituto Geografico Centrale – Foglio 4 – scala 1:50000
Comunità Montana Valdigne Mont Blanc – I sentieri – scala 1:50.000

PAGINA DEL 23.11.2006

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