Difficoltà: turistico

Il Colle della Croce 2381 m

Dal Col San Carlo (piazzale del bar La Genzianella)

MAPPA OSM: RAPIDA DINAMICA

MAPPA REFUGES.INFO: RAPIDA DINAMICA

MAPPA DI GOOGLE TRACCIA GPS (.GPX)

partenza: 1940 m
arrivo: 2381 m
dislivello in salita: 450 m circa

andata: 1h30
ritorno: 1h15
totale: 2h45

Segnavia: 16

Tratti difficili: no
Tratti esposti: si

Ombra: parziale

pericolo caduta massi: si

Periodo consigliato:
da giugno alle prime nevi

Da vedere:
i resti delle fortificazioni
il panorama sul Monte Bianco

Itinerari collegati:
lago d'Arpy,
fortezza verso il lago d'Arpy

Accesso al punto di partenza:

Uscita autostradale: Morgex
Distanza dal casello autostradale: 11.9 km
Avvicinamento in auto dal casello autostradale: 20 minuti

Distanza progressiva

Tempo

Indicazioni

Lunghezza tratto

0 km 0h00 Dall'uscita autostradale di Morgex si gira a sinistra sulla statale 26 in direzione del tunnel del Monte Bianco 0.600 km
0.600 km - A sinistra seguendo le indicazioni per Arpy e Col San Carlo 0.900 km
1.500 km - A sinistra sulla strada regionale del Col San Carlo 10.400 km
11.900 km 0h20 Arrivo al parcheggio del bar La Genzianella -

Cartello della sentieristica alla partenza
Carta dei sentieri

Introduzione

Bellissima passeggiata lungo una vecchia strada militare, dal colle si gode di un eccezionale panorama su tutto il massiccio del Monte Bianco e sulla valle che sale al Piccolo San Bernardo. Interessante la visita ai ruderi delle fortificazioni, è consigliato il rientro dal lago d'Arpy e la visita alla fortezza che si trova sotto la strada che porta al lago.

Bivio per il Colle della Croce
Bivio per il Colle

Descrizione

Dopo aver lasciato la macchina nel parcheggio vicino al bar La Genzianella ci si avvia seguendo il segnavia numero 15 per il lago d'Arpy lungo la pista forestale che si inoltra nel bosco di conifere in direzione sud-ovest. Dopo pochi minuti di cammino si arriva ad un rettilineo a metà del quale sulla sinistra si nota un breve steccato di legno che separa la strada per il lago d'Arpy dall'ingresso della fortezza sotteranea scavata nei primi anni della seconda guerra mondiale.

Si prosegue fino a raggiungere alla biforcazione dove inizia sulla destra la strada militare che porta al Colle della Croce. La strada è larga un paio di metri e si inoltra quasi in piano in un bosco di larici poco fitto che lasciano ampio spazio alla prateria alpina. Qua e là alcuni abeti spiaccano tra il verdolino chiaro dei larici grazie al loro colore più scuro.

Prendendo quota la strada si stringe leggermente e in rari punti, a causa della caduta di massi, si riduce ad un paio di spanne di larghezza. Per la maggior parte della salita conserva la larghezza originaria di circa un metro e mezzo e la pendenza a volte è così ridotta da sembrare quasi in piano. Uscendo dal bosco si perde l'ombra del bosco ma dalle cime dei larici spuntano i ghiacciai che striano le ripide rocce del Monte Bianco e ai lati del sentiero si cominciano a vedere i primi fiori rosa degli epilobi.

Si salgono i fianchi della dorsale sassosa che separa il vallone d'Arpy dalla valle che sale al Piccolo San Bernardo incontrando alcuni vecchi esemplari di pino cembro, chiamati arolle in dialetto valdostano. A poche decine di metri dall'unico bivio che si trova prima del colle, e dove si prosegue sul il sentiero di sinistra, si trova un enorme ceppo di 80 cm di diametro posto proprio sul bordo del sentiero: l'ultima traccia di un albero che fu monumentale.

Proseguendo lungo la strada militare, a tratti sostenuta da alcuni muri in pietra a secco, si raggiunge un vastissimo pendio, ripido e cosparso di grandi pietre cadute dal costone, che con il passar del tempo è stato colonizzato dagli arbusti tipici dell'alta montagna. Ginepri e rododendri hanno tappezzato ogni spazio tra un masso e l'altro lasciando solo alcuni angoli, uno dei quali a fianco della mulattiera, alla splendida fioritura della rosa alpina.

Pini cembri
Pini cembri

Lentamente appare la sella del Colle della Croce . Alla sua sinistra si allineano l'una dietro l'altra le montagne tozze e senza nome che portano all'antecima che nasconde il Mont Cormet. Sulla destra si comincia a vedere il lungo muro delle fortificazioni costruite sullo spartiacque e praticamente in piano si arriva prima alle rovine del Ricovero Brunet, presso il quale parte il sentiero che scende al lago d'Arpy, e poi alle fortificazioni del Colle della Croce.

Dal Colle della Croce si domina l'abitato di La Thuile e a metà strada tra il paese ed il colle si vedono sulla sinistra i resti delle fortificazioni intitolate al Cap. Sandino. L'intero spartiacque è coronato da un muro in pietra a secco di spessore minimo pari ad un metro. Oltre il muro brillano i ghiacciai della catena del Monte Bianco che si vede nella sua interezza, dalla cima principale alle Grandes Jorasses, al Mont Dolent. Sulla sinistra del colle era ricavata una postazione con l'entrata sul lato est e protetta da due fossati che permetteva di sparare sia sul ripido crinale che sale da La Thuile che direttamente sul colle. Al riparo dagli sguardi nemici, poco sotto il valico, erano state costuite le due casermette per la guarnigione, ora in rovina. In quella a quota più elevata sono ancora visibili i resti della cucina.

Chi lo desidera può rientrare alla partenza passando per il lago d'Arpy, un incantevole specchio d'acqua nel quale si specchiano i ghiacciai del Monte Bianco, seguendo le indicazioni dell'Espace Mont Blanc (segnavia EMB).

Ceppo di pino cembro
Ceppo di pino cembro

Qualche appunto di storia delle fortificazioni del Piccolo San Bernardo

All'inizio del XVII secolo il principe Tommaso di Savoia (21.12.1596-) fu incaricato dal padre Carlo Emanuele I di governare la Savoia e difendere i passi alpini che conducevano in Piemonte dalle truppe francesi di Luigi XIII, il padre del Re Sole. Nel 1628 l'esercito francese attaccò la Savoia e due anni dopo Luigi XIII entrò a Chambéry, capitale del ducato.

Il principe Tommaso fece fortificare il colle del Piccolo San Bernardo in tutta fretta, con l'obiettivo di difendere il ducato di Aosta e ritardare l'avanzata dell'esercito francese che gli era nettamente superiore sia in uomini che in mezzi. Furono scavati dei fossati rinforzati da muri in pietra a secco: la prima linea di difesa fu realizzata sul colle, la seconda a La Thuile da cui si controllava sia la Grande Route (Grande Strada) che scendeva a Pré Saint Didier sia la strada per Morgex.

Nel 1661 queste modeste difese, benché fossero state rinforzate in tutta fretta all'inizio delle ostilità, vennero spazzate via dalle truppe del Re Sole che dilagarono in Valle d'Aosta. Nei documenti dell'epoca si legge che in mancanza di meglio erano stati approntati per la loro difesa dei cannoni in legno di larice rinforzati da cerchiature in ferro.

Nel 1704, durante la guerra di successione spagnola che portò all'assedio di Torino, malgrado i restauri e le migliorie apportate alle fortificazioni, il duca di La Feuillade, comandante delle truppe del Re Sole, forzò il passo.

Con la pace di Utrecht del 1713 i Savoia assunsero alla dignità regia, Carlo Emanuele III ordinò i nuovi lavori di fortificazione che iniziarono nel 1743: furono costruite 3 ridotte e un baraccone per il ricovero delle truppe al colle del Piccolo San Bernardo, si procedette al rifacimento dei trinceramenti del Principe Tommaso a La Thuile, alla chiusura della Valgrisenche e della Val Veny al Lago Combal dove vi erano già dei vecchi trinceramenti.

Entrata fortificazione al Colle della Croce
Entrata Fort Nicolon

Negli anni 1793-1794 furono approntate nuove opere militari per difendere il Ducato di Aosta dall'esercito della Repubblica Francese. Al Mont Valesan fu prevista una ridotta forte di 200 uomini e 2 cannoni, nel 1794 fu ultimata la strada tra Morgex e i trinceramenti del Principe Tommaso che passava per il Colle San Carlo, opera pensata per il trasferimento rapido di viveri e artiglieria.

A tal proposito si ricordi che nel 1691 la Via Nuova collegava Prarion a Petozan passando a valle della Testa d'Arpy, la Via Vecchia era tracciata ancora più in basso e attraversava Molliex mentre l'attuale SS 26 venne aperta solo nel 1873.

Nel 1795 i francesi attaccarono di sorpresa le fortificazioni al Col du Mont, le conquistarono e dopo di esse caddero anche le trincee del Principe Tommaso.

Al termine delle ostilità le popolazioni interessate chiesero di provvedere alla bonifica del territorio fortificato, fu stabilito di conservare la Casa Forte di Fouillé e il Fort Nicolon al Colle della Croce. Le altre opere, tra le quasi si annoverano i trinceramenti della Butte du Parc, il campo del Principe Tommaso, quelli del Comballe e dell'Arp Vieille vicino al lago dell'Aile Blanche, furono lasciate nella disponibilità dei proprietari dei terreni.

Qualche appunto di storia delle fortificazioni

Fino alla metà del 1800 le artiglierie erano ancora a canna liscia e ad avancarica, i cannoni più potenti riuscivano a sparare le palle a una distanza massima di quattro chilometri e la loro forza di penetrazione era di circa 3.60 metri nella terra.

Arrivando al Colle della Croce

Con la comparsa dei cannoni a canna rigata nel 1859, si modificò la forma dei proiettili che diventarono ogivali, raddoppiò la gittata e si introdusse il sistema a retrocarica che rendeva più veloce il tiro rendendo di colpo obsolete le vecchie fortezze.

Dopo la breccia di Porta Pia (20 settembre 1870) i rapporti diplomatici con la Francia si raffreddarono alquanto e divenne urgente il rafforzamento delle difese della frontiera occidentale. La stipula della triplice alleanza tra Italia Germania e Austria nel 1882 accelerò ancor di più l'attività fortificatoria lungo la frontiera con la Francia. Quello stesso anno entrò in servizio il cannone 149 G che raggiungeva una gittata di otto chilometri con proiettili da 40 kg di peso.

Le fortificazioni si trasformarono; abbandonate le murature di pietre e mattoni, l'artiglieria si schierò all'aperto nelle batterie di protezione che erano caratterizzate da un terrapieno spesso dagli 8 ai 12 metri e nelle batterie semipermanenti, più piccole, che ospitavano non più di quattro pezzi. Le truppe alloggiavano nelle caserme difensive dotate di feritoie per i fucilieri, da utilizzarsi come punti di prima difesa.

Ricovero Brunet

Nel 1885 con l'invenzione delle granate torpedini, dei proiettili caricati con esplosivi ad alto potenziale, e del tiro a shrapnel, proiettili caricati a mitraglia che esplodevano a mezza'aria colpendo i serventi , le vecchie protezioni furono sostituite da batterie corazzate infossate nel terreno per ridurne la vulnerabilità.

Durante la prima guerra mondiale l'impiego dei mortai da 280 e da 420 mm mise in luce i limiti delle batterie corazzate che vennero sostituite dopo il 1931 dalle nuove fortificazioni ispirate a quelle della Linea Maginot: la fortezze erano scavate nella roccia da cui emergevano solo le postazioni di combattimento, i malloppi, che erano completamente rivestite di cemento armato e spesso blindate all'interno. Erano armate di mitragliatrici, cannoni anticarro o cannoni che raggiungevano i 10 km di gittata.

L'utilizzo della carica cava, usata dai tedeschi nella conquista della fortezza belga di Eben Emael, ebbe ragione anche di questo tipo di fortificazione. La carica cava è costruita in modo da dirigere tutta la potenza dell'esplosione in un unico punto e riesce così a forare anche la corazza più resistente. Nel 1940 con un peso di 12.5 o 50 kg tali ordigni riuscivano a perforare corazze di 12 o 25 centimetri di spessore. Nel 1942 venne messo a punto un particolare proiettile che riusciva a bucare quattro metri di cemento armato prima di esplodere.

Vecchia cucina del ricovero Brunet

All'avvicinarsi della seconda guerra mondiale la linea fortificata italiana, il vallo alpino, era ancora lungi dall'essere terminata. Nel 1938 si misero in cantiere le opere tipo 7000, che presero il nome dal numero della circolare che ne illustrava le caratteristiche. Erano piccole casematte che ospitavano un paio di mitragliatrici o raramente un cannone anticarro, le loro feritoie erano protette da una piastra metallica annegata nel calcestruzzo che a volte superava i due metri si spessore.

A queste si aggiunsero nel 1940 le opere tipo 15.000 che avrebbero dovuto essere ben più estese ed in grado di sostenere attacchi prolungati. All'entrata in guerra dell'Italia, nel giugno 1940, nessuna era ancora completata, i lavori proseguirono fino al 1942 quando vennero definitivamente abbandonati.

Trincea al Colle della Croce

Con il trattato di pace del 1947 numerose opere vennero annesse alla Francia grazie alle rettifiche del confine, delle altre era prevista “La distruzione ... nel limite di 20 chilometri da qualsiasi punto della frontiera, quale è determinata dal presente Trattato” che doveva essere “completata entro un anno dall'entrata in vigore del Trattato”.

Bibliografia:

Massimo Martini, Tracce Lievi, Martini Multimedia Editore, Saint Vincent 2007
Nathalie Dufour, Paolo Palumbo, Andrea Vanni Desideri, Il sistema difensivo del colle del Piccolo San Bernardo, Arti Grafiche Duc, Saint Christophe 2006
Luca Zavatta, Le valli del Monte Bianco, L’Escursionista Editore, Rimini 2004
Mauro Minola, B. Ronco, Fortificazioni nell'arco alpino, Ivrea 1998
Dario Gariglio e Mauro Minola, Le fortezze delle Alpi occidentali, ed. l'Arciere, 1994

Cartografia:

L’Escursionista Editore – Carta dei sentieri 2 – scala 1:25.000
Istituto Geografico Centrale – Foglio 4 – scala 1:50000
Comunità Montana Valdigne Mont Blanc – I sentieri – scala 1:50.000

PAGINA ANTE 17.01.2008
ULTIMO AGGIORNAMENTO 17.12.2012

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