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Distanza progressiva | Tempo | Indicazioni | Lunghezza tratto |
0.000 km | 0h00 | Dall'uscita autostradale di Pont Saint Martin ci si immette sulla statale 26 in direzione di Torino | 0.700 km |
0.700 km | - | alla rotonda si prende per la valle di Gressoney | 0.500 km |
1.200 km | 0h02' | A destra sulla strada regionale 44 della valle del Lys per Gressoney | 12.900 km |
14.700 km | 0h18' | Nel centro di Issime (Eischeme) poco la chiesa si gira a sinistra per il vallone di San Grato (in inverno gli spazzaneve sgomberano solo i primi 1600 m) |
4.000 km circa |
18.700 km circa | 0h25' | A pochi metri del divieto di transito si parcheggia in una piazzola, sul bordo della strada | - |
Questa facile passeggiata porta nella valle delle meraviglie, un piccolo vallone glaciale sospeso sopra Issime che alle bellezze naturali unisce il fascino delle splendide costruzioni Walser che si incontrano lungo i sentieri.
I vecchi fabbricati sono stati costruiti in un lasso di tempo che va dal XV al XX secolo, con questo itinerario, in poche ore si possono ripercorrere più di cinque secoli di storia dell'architettura. Anche le persone meno appassionate non potranno che ammirare questa case così diverse tra di loro, costruite con il legno e la pietra reperiti in loco.
Tutte hanno in comune la funzione di ospitare l’uomo e di permettere lo sfruttamento agricolo di queste terre alte ma ognuna ha dato una risposta diversa a queste esigenze, a seconda dell'anno di costruzione, o della cultura, o della capacità economica del committente.
Lungo il sentiero, a una decina di metri dalla cappella, si vede a terra un segnavia inconsueto che merita la citazione nella raccolta di arte alpina valdostana.
Dopo aver parcheggiato l'auto si prosegue lungo la strada sterrata che porta alla Cappella di San Grato. Il pendio ripidissimo ci ricorda che siamo ancora sulla morena laterale dell’antico ghiacciaio de Lys, durante l'era glaciale tutto il fondovalle era occupato da un fiume di ghiaccio che giungeva fino ad Ivrea.
Si attraversa il piccolo corso d'acqua e poco prima di una curva pronunciata si prende a destra salendo alcuni gradini costruiti con tronchi di legno che portano al vecchio sentiero. Ci si immerge nel bosco fresco e umido che si interrompe quasi subito lasciando il posto alla lunga radura che arriva fino alla Cappella di San Grato. Proprio all'inizio della radura sorge il primo stadel, Hantschekku-Hantschecku (1458 m) una piccola costruzione rurale con due piani seminterrati in muratura di pietrame e la parte superiore formato di grandi tronchi di larice squadrati e incastrati alle estremità tipici dell'architettura walser.
Il tratto di sentiero fino alle due case di Ekku-Ecku (1569 m) segue la linea di massima pendenza; è breve ma faticoso, si consiglia di affrontarlo lentamente approfittando dell’occasione per osservare i colori e le forme della flora di montagna. Dei due grandi edifici che compongono questa nucleo rurale quello di destra è stato restaurato con scrupolo, nell’altro una pregevole architrave in pietra lavorata esposta nella collezione di arte alpina valdostana fa da gradino per la terrazza esterna.
La Cappella appare in alto, si staglia bianca sullo fondo più scuro dei prati e delle costruzioni walser. Mano a mano che ci si avvicina la pendenza diminuisce, si passa vicino ad un tornante della strada sterrata poi si prosegue tra i pascoli. Nell’anfiteatro verde che ci si trova di fronte appaiono una dopo l'altra, come lanciate dalla mano gigantesca di un seminatore, alcune tra le più belle case Walser.
Si incontra lungo il sentiero prima lo stadel slanciato di Höisgher-Hoidscher (1633 m), utilizzato come stalla anche nella parte più nobile, quella che fino a qualche decina di anni fa era l’abitazione dei nostri nonni, poi una casa larga e bassa, dalle bellissime finestre in pietra lavorata. In pochi minuti si arriva ai piedi del campanile che pende curiosamente verso la chiesa. Nel prato vicino è stato posizionato un pannello del Grande Sentiero Walser che spiega l'uso del territorio, una cartina e alcune foto illustrano alcuni itinerari e le principali curiosità architettoniche dei dintorni.
Alle sue spalle, sotto il piazzale dove si ferma la strada sterrata, si trova in precarie condizioni statiche la più bella e la più complessa casa del villaggio di Chröitz–Chreuz–Chröiz (1685 m). Secondo alcuni studiosi la parte in legno più antica che si trova in questo edificio potrebbe risalire addirittura al XII secolo.
Il suo tetto è retto a sud da due esili colonne in muratura che con un sapiente gioco di capriate permettono all’intera superficie del fienile di fare ai meno dei muri interni. Sul trave di colmo è incisa la data 1633 e dai rilievi dendrocronologici risulta che il tetto venne costruito con legname abbattuto tre il 1619 e il 1628. Sotto il fienile vi sono ancora due piani, il primo ha alcune parti in legno ed era utilizzato come abitazione, nel piano terreno si trovavano le stalle degli animali. Sul camino è stata incisa la data 1627.
Nel 1645 secondo gli studi di Claudine Remacle era di proprietà dei quattro fratelli Quera che ne conservano la proprietà fino all'inizio del XX secolo. Nel 1914 risultavano comproprietari Storto Giacomo, figlio di Marie-Christine Quera e Linty Giovanni.
Agli appassionati di architettura si consiglia una piccola passeggiata nei dintorni: dirigendosi verso nord si scende verso il villaggio di Bühl (1675 m) dove di possono visitare una mezza dozzina di stadel. Sopra di esso si erge imponente, costruita interamente in pietra, la grande casa colonica di Zeun–Zöin (1739 m) detta Palaz. Sono cinque piani di orgoglio costruiti nel 1800 e sormontati da un tetto a padiglione che ricordano a tutta la valle che lassù qualcuno fece fortuna.
Da questo monumento al successo imprenditoriale una mulattiera sale verso sud fino all'alpeggio di Blakgoavunu (1755 m) che ha una curiosa caratteristica: alle sue spalle, quasi invisibile tra i pascoli e l’inizio del bosco, è stato costruito un paravalanghe in pietra a secco per proteggerlo dalle slavine.
A chi cerca una piccola valle ancora intatta, ricca di architettura rurale e di flora alpina si consiglia di proseguire verso la cappella di Munes e il colle Dondeuil, sulla mulattiera percorsa nel medioevo da mercanti e armigeri.
Alle spalle della chiesetta di San Grato inizia il sentiero per il vallone omonimo. Ci si avvia tra i pascoli fino ad arrivare alle case di Ruassi (1722 m) dove si trova un accostamento architettonico inconsueto: ai piedi della prima casa un ampio arco in pietra protegge una sorgente e nel contempo ospita al suo interno la bocca di un forno. Dopo aver visitato questo curioso nucleo walser si prosegue pressoché in piano sul sentiero selciato e dopo una larga curva si entra nel pianoro che accoglie la casa di Gradinerp.
Il suo nucleo originario risale alla seconda metà del 1500, è stata poi oggetto di diversi ampliamenti, l'ultimo dei quali intorno al 1764 l'ha trasformata nella struttura che vediamo oggi. Questo interessantissimo esempio di architettura rurale, anche se ben conosciuto dagli appassionati, giace abbandonato a se stesso. A causa delle infiltrazioni d'acqua gli insetti stanno attaccando le strutture lignee e sulla facciata posteriore la finestra che illuminava la cucina è scomparsa. Solo i muri in pietra, slabbrati, sono rimasti al loro posto. Sono ancora visibili sulla facciata sud la finestra in pietra lavorata datata 1562, il colmo del 1614 e ben protette dall'ampio tetto le porte dei granai. La data che le decorava fino a pochi anni or sono è stata sfregiata.
Malgrado le sue cattive condizioni di manutenzione questa casa merita una visita, sia per la bellezza della sua composizione architettonica che per il tranquillo pianoro che la ospita, bordato dai larici e tagliato in due dal sentiero Walser.
Dopo aver attraversato un ripido pendio tappezzato di genzianelle ci si avvicina ad una macchia di abeti, qui il sentiero si allarga e diventa un'ampia mulattiera selciata. Si cammina nell'ombra fitta delle conifere sui sassi lisciati dalle carovane di muli che salivano al colle Dondeuil e degli zoccoli dei bovini.
Dalla destra scendono alcuni ruscelli, si attraversa quello più grande su di un ponte formato da due lastre di pietra accostante lunghe un paio di metri poi all'uscita del bosco si trova lo stadel abbandonato di Stubbi Stubi. È una grande costruzione di forma regolare con due piani in pietra e la parte superiore in legno ancora in discreto stato. Occupa il centro di un piccolo anfiteatro verde di pascoli ed è considerato da alcuni studiosi il più bello stadel del vallone di San Grato. I tronchi utilizzati nella sua costruzione sono stati abbattuti tra il 1656 e il 1662.
Poco più in alto si passa davanti al suo fratello minore, lo stadel di Vliokj Vlüeckji, una minuscola costruzione walser che è stata restaurata con cura ed amore. Grazie alla datazione con il metodo dendrocronologico sappiamo che i tronchi impiegati nella sua costuzione vennero tagliati tra il 1448 e il 1451. Alle sue spalle, ai bordi della pietraia, vi sono alcuni tavoli ricavati dai grandi massi grigi punteggiati dai licheni che spuntano dai tra i cespugli della scarpata. Quello più grande è cresciuto ai piedi di un albero singolare, formato dalla simbiosi tra un vecchio larice e un pino cembro e sembra fatto apposta per scambiare quattro chiacchiere in quell'oasi di pace.
Proseguendo lungo il sentiero si raggiunge prima l'alpe Kekeratschjatz (1842 m) e poi quella di Mettiu (1906 m) delle belle costruzioni costruite totalmente in pietra. Si passa all'interno di una bella radura circondata da conifere dove il sentiero compie alcune svolte prima di superare un ruscello poi si giunge all'incrocio con il sentiero che sale da Reich, dall'alto si vede questo ampio pianoro solcato da ruscelli, ai lati un pugno di case rurali e uno stadel che rimane in equilibrio sul suo basamento in pietra che pende verso valle.
Una breve salita porta al villaggio di Munes, superato il ponticello di legno si sale il costone, si oltrepassa una casa in pietra costruita tra alcuni massi enormi e si arriva alla Cappella dedicata alla Madonna delle Nevi.
Nel villaggio composto da poche case disseminate ai bordi del pianoro si trova un cartello che offre alcune spiegazioni sull'utilizzo dei sentieri che solcano questo vallone.
Chi desidera raggiungere il Colle Dondeuil deve attraversare il pianoro e tenendosi sulla parte destra del canalone raggiungere i pascoli dell'alpeggio semidiroccato di Obru Muni (2179 m). Qui troverá all'interno della casera la lastra di pietra che veniva utilizzata per posare il formaggio fresco. Passando a valle dei ruderi ci si dirige poi verso il centro del vallone e trascurando il sentiero che si stacca sulla sinistra a pochi minuti dalla meta si prosegue verso la sommità del colle. Dalla cima del valico di domina il vallone di Dondeuil il fondo al quale si intravede l'abitato di Challand Saint Victor. Sulla sua verticale, in fondo e lontanissimo, appare il massiccio del Monte Bianco.
Da Munes si consiglia di rientrare sul sentiero di andata che è ben tracciato e oggeto di regolare manuntenzione. Ne esiste un altro che ripercorre il vallone ad una quota leggermente più elevata ma in alcuni punti non è ben segnalato e un escursionista non esperto rischia di perdersi.
Parte nei pressi della stalla intonacata che si trova a nord della cappella. Scende in una macchia di pini cembri e attraversa un pianoro aquitrinoso ai bordi del quale si trova l'alpeggio di Stein (2039 m), a pochi metri dal sentiero si vede una bella casa rurale in pietra che ha sul davanti i resti dell'abbeveratoio costruito in lastre di pietra.
Si prosegue fino ad arrivare all'abitato di Vleukie (1882 m) che è costruito su un poggio. Molte delle case rurali che lo compongono sono state restaurate e su alcune rocce a lato del sentiero si vedono le incisioni rupestri tracciate dai vecchi abitanti. Si scende sulla sinistra, si attraversa un ruscello su un ponte in legno e passando a monte dell'alpeggio di Tannu, (1814 m) si arriva a Ivan (1814 m) una bella casa costruita su di un pianoro che ha sul davanti due belle finestre decorate da una cornice di intonaco bianco.
Alle sue spalle si trova un altro capolavoro di architettura rurale, lo stadel di Granir (1849 m) che merita una piccola deviazione. È costruito su di un ripido pendio con i primi due piani in pietra seminterrati e la parte superiore, retta dai tradizionali funghi, composta da grandi tronchi di larice scuriti dal tempo incastrati tra di loro. Sulla facciata vi sono alcune aperture sormontate da architravi in pietra lavorata, a destra si nota un muro in pietra a secco che suscita ammirazione per il materiale da costruzione impiegato: grandi conci di pietra che ricordano l'architettura romana tagliati con abilità e sovrapposti senza malta.
Al termine della vista è possibile proseguire in quota verso l'alpeggio di Blackgoavunu (1756 m) e poi rientrare alla cappella di San Grato oppure scendere in mezzo ai pascoli per raggiungerla direttamente.
Mauro Bassignana, Alexis Bétemps, Saverio Favre, Lidia Philippot, Joseph-César Perrin, Claudine Remacle,
Muri d'alpeggio in Valle d'Aosta: storia & vita, ed. Priuli & Verlucca, Scarmagno 2009, pag. 69, 71
Claudine Remacle, L’abandon progressif du bois, in Augusta 2007, Associazione Augusta, Issime 2007, pag. 30 e segg. (versione digitalizzata consultabile a questo indirizzo: http://www.augustaissime.it/rivista/2007/Augusta%202007.pdf
Claudine Remacle, Maisons à colonnes, in Augusta 2006, Associazione Augusta, Issime 2006, pag. 41 (versione digitalizzata consultabile a questo indirizzo: http://www.augustaissime.it/rivista/2006/Augusta_2006_completa.pdf
Danilo Marco, Claudine Remacle, Mauro Zucca Paul, Walserhous: l'architettura storica nell'alta valle del Lys, ed. Musumeci, Quart 2006
Luca Zavatta, Le valli del Monte Rosa, ed. L'Escursionista, Rimini 2002
Gian Pietro Soardo, Architettura rurale in Valle d'Aosta, quaderni di cultura alpina, Priuli & Velucca Editori, Aosta 1999, pag. 11
Istituto Geografico Centrale – Foglio 9 – scala 1:50000
Comunità Montana Monte Rosa – carta dei sentieri – scala 1:50.000
PAGINA DEL 4.04.2007
ULTIMO AGGIORNAMENTO 30.12.2009
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